Safeguarder e le politiche di safeguarding

Di cosa si tratta?

In questi giorni è probabile che abbiate sentito parlare della figura del safeguarder o delle politiche di safeguarding: entro il 30 giugno ogni Associazione o Società sportiva doveva nominare un Safeguarder (termine poi rinviato al 31 dicembre 2024) ed entro il 30 agosto doveva adottare un modello organizzativo ed un codice di condotta contro abusi, violenze e discriminazioni. Ma di cosa si tratta esattamente?

Premettiamo che questa disciplina trova il proprio fondamento nella riforma dello sport ed in particolare nei decreti legislativi n. 36 e 39 del 2021.

Il primo di questi due decreti prevedeva che venissero assunte misure a tutela dei minori che praticano sport. Tra queste misure era espressamente prevista la designazione di un responsabile della protezione dei minori, allo scopo, tra l’altro, prevenire ogni tipo di abuso e di violenza su di essi ed a protezione dell’integrità fisica e morale dei giovani sportivi. Tale nomina doveva essere oggetto di comunicazione all’ente affiliante di appartenenza, in sede di affiliazione e successiva riaffiliazione.

 Il D.Lgs 39/21 prevedeva invece:

a) Che le Federazioni sportive nazionali, le Discipline sportive associate, gli Enti di promozione sportiva e le Associazioni benemerite, sentito il parere del CONI, dovessero redigere le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.

 b) Che le Associazioni e le Società sportive dilettantistiche e le Società sportive professionistiche dovessero predisporre e adottare dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva nonché codici di condotta ad esse conformi. In caso di affiliazione a più Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate, Enti di promozione sportiva e Associazioni benemerite, esse possono applicare le linee guida emanate da uno solo degli enti di affiliazione dandone comunicazione all’altro o agli altri.

In forza di quanto detto si è aperto un processo “a cascata”:

Il Coni ha redatto le linee guida per dare indicazione alle Federazioni, agli Enti di promozione (come l’Asi) e gli altri soggetti interessati su come redigere le linee guida previste dal decreto. Peraltro il responsabile per la tutela dei minori, previsto dal decreto 36/21, è divenuto il responsabile contro abusi, violenze e discriminazioni; Le Federazioni e gli Enti di promozione sportiva hanno redatto le proprie linee guida sulla base delle indicazioni del Coni (quelle di Asi possono essere trovate allegate alla circolare n.19-2024 ed a questa pagina https://www.asiroma.it/news-comunicati/adozione-di-modelli-organizzativi-e-di-controlloattivit%C3%A0-sportiva-codici-di );

 Le Società e le Associazioni hanno dovuto redigere i Modelli organizzativi, i Codici di Condotta e nominare il Safeguarder, seguendo le linee guida di Federazioni ed enti di appartenenza.

Lo scopo della disciplina

Lo scopo di tutta questa disciplina è tutelare i minori che praticano sport e contrastare le molestie, la violenza di genere e ogni altra condizione di discriminazione nei luoghi in cui si pratica sport.

Si è voluto quindi responsabilizzare Società e Associazioni al fine di creare un ambiente maggiormente sicuro per tutti i soggetti, anche alla luce di non pochi casi di molestie e violenze registrati dalle procure sportive nazionali.

Ovviamente non sarà possibile produrre “zero rischi”, non compete all’associazione impedire che discriminazioni e violenze siano poste in essere da singoli tesserati ma si dovrà cercare di ridurre le occasioni perché queste si possano verificare. Ciò attraverso due strumenti fondamentali: i Modelli organizzativi ed i Codici di condotta ed attraverso la figura del Safeguarder.

Modelli organizzativi e Codici di condotta

La prima coppia di strumenti (che possono anche fondersi in un unico documento) è rappresentata dal Mogc e dal Codice di condotta con cui si deve dare applicazione concreta ai principi sanciti dai decreti legislativi e dalle linee guida.

È importantissimo quindi che questi due documenti siano redatti, considerando le specificità del proprio centro sportivo.

Il modello organizzativo deve partire dagli obiettivi (il contrasto a quelle condotte indicate nelle linee guida) per poi analizzare i propri fattori di rischio: quali sono gli elementi presenti nel mio centro sportivo che possono causare abusi, maltrattamenti, violenze, discriminazioni, ecc.?

Analizzati i fattori di rischio (allenatori che agiscono in maniera poco corretta, la possibilità che un minore si trovi da solo con adulti, alcuni giovani atleti che si divertono a prendere in giro un compagno …) si dovranno prevedere le iniziative utili a ridurre questi rischi.

Qui si pone la distinzione tra Modello organizzativo (che prevede appunto prassi organizzative o operative) e Codice di condotta (che prevede valori e comportamenti da tenersi da parte di personale e tesserati).

Ad esempio nel modello organizzativo potrà essere previsto che si richieda il certificato antipedofilia ai nuovi collaboratori, che si faccia formazione, che le sessioni di allenamento con minori non siano mai individuali, modalità particolari di gestione delle trasferte, ed altre iniziative di questo genere.

I codici di condotta prevedono invece quali comportamenti aspettarsi da parte dei tesserati.

Per entrambi gli strumenti si troveranno dei contenuti minimi indicati nelle linee guida delle proprie federazioni e dei propri enti di appartenenza. Queste linee, come detto, sono però un punto di partenza. Si dovrà poi provvedere ad integrare queste linee guida con l’osservazione della propria realtà.

Una parte importantissima da inserire nei Modelli organizzativi è relativa alla nomina del Safeguarder, a come viene individuato il soggetto che sarà nominato, a come può essere contattato, a come debba agire e come interviene quando gli arrivano delle segnalazioni.

Di questo ne riparleremo a breve.

Un altro elemento estremamente importante da prevedere, riguarda la formazione. Il modello organizzativo deve disciplinare il modo in cui fare educazione, circa i principi di safeguarding, e quindi prevedere sia l’obbligo per il personale tecnico e dirigenziale, di frequentare corsi specifici (Asi richiede almeno due eventi formativi all’ anno) sia le opere di sensibilizzazione svolte nei confronti dei tesserati.

Da ultimo è importantissimo prevedere le modalità di controllo interno e le sanzioni da irrogare a chi non rispetta la disciplina prevista nel Mogc e nel Codice di condotta.

Chiaramente questo non è un adempimento meramente formale. Lo scopo è predisporre politiche concrete che poi dovranno trovare attuazione.

Il Safeguarder

A vigilare sulle politiche di safeguarding del centro sportivo è il safeguarder.

Di che si tratta?

Ogni centro sportivo deve nominare un safeguarder, con il compito di raccogliere le denunce o le segnalazioni che dovessero arrivare dai tesserati.

Qualora vi sia vittima di abusi, discriminazioni, molestie o quant’altro, quando si assista a queste condotte nel centro sportivo, quando si reputi che vi siano rischi di tali condotte, si potrà/dovrà scrivere al safeguarder per segnalargli la situazione.

Lui dovrà agire per capire se la segnalazione sia fondata e cosa si possa fare contro tali condotte. Potrà parlare con i dirigenti, con il personale, con le famiglie dei tesserati, pretendere che siano cambiate delle prassi operative o addirittura sporgere denuncia alle Autorità competenti, in ambito sportivo e penale.

Per far questo, il suo nome ed i suoi dati di contatto, dovranno essere debitamente pubblicizzati e, una volta giunta una segnalazione, dovrà tenerne nota e registrare quali iniziative siano state intraprese.

Dovrà agire garantendo la riservatezza o anche l’anonimato del segnalante ed agire adeguatamente (con gli strumenti opportuni) e tempestivamente.

È importante quindi predisporre degli adeguati canali di comunicazione con il safeguarder.

Il Safeguarder deve inoltre verificare che le politiche di safeguarding siano correttamente implementate ed eseguite dall’Associazione o dalla Società.

Per tutti questi motivi è quindi fondamentale che il safeguarder, nominato dalla Società o dall’Ente, abbia competenza in materia, che conosca la realtà in cui opera, ma anche che sia un soggetto a cui viene garantita autonomia e indipendenza. Infatti è suo compito verificare come operano i tesserati, i dirigenti, gli allenatori, la società stessa. Questo può essere fatto adeguatamente solo se ha sufficiente autonomia e indipendenza. Chiunque può essere nominato Safeguarder, sia un soggetto interno che uno esterno, purché abbia le necessarie doti, conosca la disciplina e non si trovi nella condizione di dover controllare sé stesso.

 L’Asi, come ogni Federazione o Ente di promozione, ha nominato un proprio Safeguarder che potrà/dovrà essere coinvolto in caso di denunce.

Conclusione

Queste politiche non saranno certo la soluzione dei tanti problemi del mondo dello sport, ma sono un passo estremamente utile per rendere maggiormente accoglienti e sicuri i luoghi in cui pratichiamo un’attività così importante per la nostra vita.

19/09/2024

Avv. Marchetti Samuele

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