Come noto, l’entrata in vigore delle norme in materia di lavoro sportivo contenute nel D.Lgs. 36/2021, così come più volte modificate, ha comportato rilevanti novità in materia di salute e sicurezza dei lavoratori sportivi, tra le quali quelle relative alle certificazioni mediche necessarie per lo svolgimento dell’attività di lavoro sportivo.
Come noto, i soggetti che «praticano attività sportiva agonistica devono sottoporsi previamente e periodicamente al controllo dell’idoneità specifica allo sport che intendono svolgere o svolgono», al fine di ottenere, da parte di un medico specializzato in medicina dello sport, il rilascio del relativo certificato di idoneità medico sportiva (D.M. 18 febbraio 1982).
Analogo obbligo grava sui soggetti che svolgono «attività organizzate dal CONI, da società sportive affiliate alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline associate o agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che non siano considerati atleti agonisti ai sensi del decreto ministeriale 18 febbraio 1982», i quali devono essere muniti di un certificato medico (rilasciato dal medico di medicina generale o dal medico dello sport) che attesti l’idoneità all’attività sportiva non agonistica che essi intendono svolgere (D.M. 8 agosto 2014).
Tutti i soggetti che svolgono un’attività sportiva (dilettantistica o agonistica) organizzata dal CONI, da una federazione sportiva, da una disciplina sportiva associata, da un ente di promozione sportiva o da un ente sportivo ad essi affiliato devono, quindi, essere muniti di un certificato che attesti la loro idoneità allo svolgimento dell’attività sportiva prescelta.
La legge si riferisce a soggetti che «praticano attività sportiva agonistica» o che svolgono «attività organizzate dal CONI» e da altri enti sportivi, e non ai lavoratori sportivi, in capo ai quali il legislatore non sembra porre, quantomeno espressamente, l’obbligo di dotarsi di certificato medico sportivo.
Ciò non significava, tuttavia, che i lavoratori sportivi possano dirsi esonerati dall’obbligo di possedere una certificazione medica che attesti la loro idoneità allo svolgimento dell’attività sportiva. Accade infatti di frequente che un lavoratore sportivo, come ad esempio un istruttore o un allenatore, al fine di svolgere la propria attività didattica, prenda attivamente parte alle lezioni degli allievi o alle sedute di allenamento degli atleti, praticando unitamente agli stessi l’attività sportiva (si pensi, a mero titolo esemplificativo, all’istruttore di fitness o di danza che, al fine di mostrare agli allievi gli esercizi da svolgere nel corso della lezione, svolga anch’egli l’attività sportiva, o all’arbitro di calcio, che, pur non prendendo parte all’attività sportiva, sostenga, uno sforzo fisico assimilabile a quello dei giocatori). In tal caso, sembra ragionevole ritenere che anche il lavoratore sportivo debba essere munito di certificazione medica che attesti l’idoneità dello stesso a svolgere l’attività sportiva a cui egli, insegnando, prende di fatto parte.
Diversamente, nel caso in cui il lavoratore sportivo non prenda parte allo svolgimento dell’attività sportiva, ma si limiti a svolgere una diversa attività di lavoro, l’obbligo di munirsi di certificato medico sportivo può ritenersi insussistente (si pensi al caso dell’arbitro di tennis, il quale, pur svolgendo la propria prestazione lavorativa nell’ambito di un’attività sportiva, esercita la propria funzione stando per lo più seduto).
Quanto affermato finora vale con riferimento alle sole certificazioni medico sportive. Diverse considerazioni devono, invece, essere svolte relativamente ai certificati di idoneità allo svolgimento dell’attività lavorativa rilasciati dal medico specializzato in medicina del lavoro.
In tema di salute e sicurezza sul lavoro, prima della c.d. riforma dello sport, ai soggetti di cui all’art. 67, comma 1, lett. m), TUIR – tra i quali vi erano i percettori di premi, di rimborsi forfetari di spesa e di compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, nonché i collaboratori coordinati e continuativi di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale – si applicavano le medesime regole previste per i lavoratori autonomi (nonché per i volontari) dall’art. 21, D.Lgs. 81/2008.
I soggetti di cui all’art. 67, comma 1, lett. m), TUIR, non dovevano, pertanto, essere sottoposti a sorveglianza sanitaria, né l’ente sportivo che si avvaleva dell’attività svolta dagli stessi, qualora non impiegasse anche lavoratori di tipo subordinato (o soggetti ad essi assimilati), era tenuto alla nomina del medico competente di cui al D.Lgs. 81/2008.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 36/2021, la situazione pare essere cambiata.
L’art. 67, comma 1, lett. m), TUIR, è stato infatti parzialmente abrogato, e i rapporti di collaborazione sportiva e di collaborazione amministrativo-gestionale sono stati ricondotti al novero dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409, comma 1, n. 3), c.p.c.
Ai fini della sicurezza sul lavoro, i rapporti di collaborazione di tipo sportivo, benché denominati dal D.Lgs. 36/2021 come di lavoro autonomo, sembrano essere equiparati ai rapporti di lavoro dipendente, a condizione che la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente (art. 3, comma 7, D.Lgs. 81/2008).
Fanno eccezione i collaboratori coordinati e continuativi operanti nell’ambito dello sport dilettantistico, ad esclusione di quelli di tipo amministrativo-gestionale, che percepiscano compensi inferiori ad € 5.000,00 annui, nonché i collaboratori coordinati e continuativi che svolgano esclusivamente la propria prestazione al di fuori dei luoghi di lavoro del committente, per i quali continua ad applicarsi l’art. 21, D.Lgs. 81/2008, ai sensi del quale tali lavoratori, «relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico», hanno la facoltà, e non l’obbligo, di «beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli [eventuali] obblighi previsti da norme speciali».
Alla luce delle novità apportate dal D.Lgs. 36/2021, gli enti sportivi che a partire dal 1° luglio 2023 si avvalgano di co.co.co. sportivi con compenso annuo superiore ad € 5.000,00, cosi come di co.co.co. di tipo amministrativo-gestionale (a prescindere dall’ammontare dei compensi ad essi corrisposti), dovranno adeguarsi alle disposizioni contenute nel testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, provvedendo a nominare il medico competente di cui agli artt. 38 e seguenti, D.Lgs. 81/2008, nonché sottoponendo i lavoratori sportivi alla sorveglianza sanitaria di cui al successivo art. 41.
Analoghi obblighi si applicano nel caso in cui gli enti sportivi si avvalgano di lavoratori sportivi di tipo subordinato, a prescindere dall’ammontare dei corrispettivi attribuiti loro e dal luogo in cui gli stessi svolgono la propria attività.
Il medico competente di cui al D.Lgs. 81/2008 è un soggetto diverso da colui che rilascia il certificato medico sportivo. Egli può svolgere «la propria opera in qualità di: a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, convenzionata con [l’ente sportivo]; b) libero professionista; c) dipendente del datore di lavoro».
Il medico competente ha il compito di svolgere, in favore dei lavoratori, attività di sorveglianza sanitaria, la quale è definita come l’«insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa» [art. 2, comma 1, lett. m), D.Lgs. 81/2008], e «comprende: a) visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica; b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica […]; c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica; e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente; e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva; e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione».
La sorveglianza sanitaria è obbligatoria sia nei casi previsti dal D.Lgs. 81/2008, sia nei casi in cui, pur in mancanza di un’espressa previsione legislativa, la stessa si renda necessaria in ragione della valutazione dei rischi di cui agli artt. 17, comma 1, lettera a), e 28 e seguenti, D.Lgs. 81/2008.
Ciò significa che, al fine di verificare se, in concreto, sia necessaria l’effettuazione della sorveglianza sanitaria, occorre provvedere alla valutazione dei rischi di cui agli articoli 28 e seguenti, D.Lgs. 81/2008, nonché alla stesura del relativo Documento di Valutazione dei Rischi (adempimento che, in via prudenziale, si consiglia di effettuare a tutti gli enti sportivi che si avvalgano di collaboratori, anche se relativamente all’attività prestata dagli stessi viene in rilievo unicamente l’art. 21, D.Lgs. 81/2008).
Quanto affermato pare essere implicitamente confermato dal D.Lgs. 36/2021, il quale, pur dettando una disciplina specifica per i lavoratori sportivi, prevede che con riguardo agli stessi «l’idoneità alla mansione, ove non riferita all’esercizio dell’attività sportiva, è rilasciata dal medico competente di cui all’articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81» (art. 33).
Tale disposizione sembra, infatti, confermare che, ad eccezione dell’ipotesi in cui l’unica mansione dei lavoratori sportivi sia costituita unicamente dall’esercizio dell’attività sportiva (ipotesi che pare verificarsi nel solo caso degli atleti), gli enti sportivi che si avvalgono di lavoratori sportivi titolari di contratto di lavoro subordinato, di contratto di collaborazione coordinata e continuativa, nell’ambito del quale vengano corrisposti compensi annualmente superiori ad € 5.000,00, o di co.co.co. amministrativo gestionali, debbano provvedere alla nomina del medico competente di cui al D.Lgs. 81/2008, demandando allo stesso il compito di effettuare la sorveglianza sanitaria.
Allo stesso tempo, tuttavia, lo stesso D.Lgs. 36/2021 prevede che «l’attività […] dei lavoratori sportivi di cui all’articolo 25 è svolta sotto controlli medici, secondo disposizioni stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto col Ministro della salute, sentita la Federazione Medico Sportiva Italiana e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonomo di Trento e di Bolzano», prevendo, «tra l’altro, l’istituzione di una scheda sanitaria per le attività sportive per ciascun lavoratore sportivo che svolga prestazioni di carattere non occasionale, nonché l’individuazione dei tempi per l’effettuazione delle rivalutazioni cliniche e diagnostiche, in relazione alla tipologia dell’attività sportiva svolta e alla natura dei singoli esami da svolgere» (art. 32). È, inoltre, previsto che, con riferimento ai lavoratori sportivi, il medico del lavoroutilizzi «la certificazione rilasciata dal medico sportivo» (art. 33).
Tali norme, pur prevendo regole ad hoc per il controllo medico dei lavoratori sportivi, da un lato, sembrano riferirsi alla sola «attività sportiva dei lavoratori sportivi», dall’altro, fanno espressamente salvi «gli obblighi di cui all’articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81», in materia di sorveglianza sanitaria. L’art. 33, D.Lgs. 36/2021, prevede, inoltre, che, «per tutto quanto non regolato dal presente decreto, ai lavoratori sportivi si applicano le vigenti disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in quanto compatibili con le modalità della prestazione sportiva».
Ciò pare confermare che i lavoratori sportivi, pur essendo destinatari di disposizioni particolari, finalizzate a semplificare gli adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro posti a carico degli enti sportivi, specie quelli dilettantistici, che si avvalgono della prestazione degli stessi, non fuoriescono dall’ambito di applicazione delle norme di cui al D.Lgs. 81/2008.
Da quanto affermato, nonché dal tenore delle norme che si sono esaminate, pare derivare una situazione di profonda incertezza. Molteplici sembrano, infatti, essere i dubbi relativi all’applicazione ai lavoratori sportivi delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, specie con riferimento ai titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, i quali, pur essendo qualificati come autonomi dal D.Lgs. 36/2021, non sempre paiono essere considerati come tali dal D.Lgs. 81/2008.
A ciò si aggiunga che il «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport» di cui all’art. 32, D.Lgs. 36/2021, che dovrebbe individuare le modalità attraverso le quali sottoporre i lavoratori sportivi a controlli medici, non risulta ancora essere stato emanato.
Ciò impone agli enti sportivi la massina cautela nell’applicare, con riferimento ai lavoratori sportivi, le “nuove” regole in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Il mancato rispetto di una o più delle regole sancite dal D.Lgs. 81/2008 potrebbe, infatti, comportare gravi conseguenze per gli enti sportivi, nonché per i soggetti che all’interno degli stessi rivestono la qualifica di datore di lavoro.
A tal proposito, basti pensare che, nel caso di mancata nomina del medico competente di cui al D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro rischia «l’arresto da due a quattro mesi» o «l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro» [art. 55, comma 5, lett. d), D.Lgs. 81/2008], anche se da tale omissione non «derivi un danno alla salute o alla incolumità del lavoratore» (Cass. pen., 9 luglio 2018, n. 30918). Nel caso in cui dalla mancata nomina del medico competente e/o dalla omessa o insufficiente sorveglianza sanitaria dovesse derivare un danno alla salute o all’incolumità dei lavoratori, il datore di lavoro, oltre alla sanzione di cui all’art. 55, comma 5, lett. d), rischierebbe, inoltre, di incorrere anche nelle sanzioni previste per i reati di lesioni o omicidio colposo.
In attesa dell’emanazione del decreto di cui all’art. 32, D.Lgs. 36/2021, nonché di eventuali chiarimenti da parte delle autorità competenti, si raccomanda, pertanto, agli enti sportivi di adottare un approccio improntato alla massima prudenza, provvedendo ad un’attenta valutazione dei rischi e, qualora ciò sia richiesto dalla legge o appaia necessario all’esito della valutazione dei rischi effettuata, nominando il medico competente di cui al D.Lgs. 81/2008 e sottoponendo i lavoratori a sorveglianza sanitaria (anche avvalendosi, qualora possibile, della certificazione medica rilasciata ai fini sportivi).
25/07/2024
di Matteo Clò, Avvocato in Modena