ESENZIONI IMU ENTI NON COMMERCIALI

 La Corte di Cassazione torna sull’esenzione IMU in favore degli enti non commerciali 

Con alcune recenti sentenze (29 novembre 2022, n. 35123; 21 dicembre 2022, n. 37385; 14 febbraio 2023, n. 4560), la Corte di Cassazione è tornato a pronunciarsi sull’esenzione IMU prevista in favore degli enti non commerciali. 

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L’art. 1, comma 759, lett. g), della L. n. 160/2019 prevede che siano esenti dall’IMU gli immobili posseduti dagli enti pubblici e privati, diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale e destinati unicamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto. 

I requisiti per godere dell’agevolazione sono due: 

– uno di tipo soggettivo, in base al quale l’immobile deve essere posseduto da un ente pubblico o privato che non svolge in modo esclusivo o principale attività commerciale; 

– uno di tipo oggettivo, secondo il quale il possessore dell’immobile deve svolgere (nell’immobile per cui intende godere dell’agevolazione) attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, di religione o di culto. 

Relativamente al requisito oggettivo, per l’applicazione dell’esenzione è inoltre necessario che l’attività di interesse generale esercitata dall’ente sia svolta con modalità non commerciali. Secondo il D.M. n. 200/2012 sono non commerciali quelle «modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell’Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà». 

Al fine di godere dell’esenzione IMU, gli enti non commerciali che siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge, ai sensi dell’art. 1, comma 770, L. n. 160/2019, devono presentare apposita dichiarazione «entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. Si applica il […] D.M. n. 200/2012», ai sensi del quale, «gli enti non commerciali presentano la dichiarazione […] indicando distintamente gli immobili per i quali è dovuta l’IMU, […] nonché gli immobili per i quali l’esenzione dall’IMU si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale degli stessi». 

Analoga disciplina è prevista per gli enti del Terzo settore dall’art. 82, comma 6, D.Lgs. n. 117/2017, il quale prevede che «gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del Terzo settore di cui all’art. 79, comma 5, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, 

ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività [religiose e di culto], sono esenti dall’imposta municipale propria» alle condizioni e nei limiti visti finora. Il richiamo all’art. 79, comma 5, permette di definire come non commerciali quegli enti del Terzo che svolgano in via esclusiva o prevalente una o più attività di interesse generale (elencate nell’art. 5 del D.Lgs. n. 117/2017) a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superino i costi effettivi (ai sensi del comma 2-bis dell’art. 79, le attività di interesse generale si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 6% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi). 

Per quanto riguarda, nello specifico, le attività sportive, lo svolgimento delle stesse si ritiene effettuato con modalità non commerciali «se le medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio». Il D.M. n. 200/2012 pare, inoltre, limitare il godimento dell’esenzione IMU ai soli immobili destinati all’esercizio di «attività rientranti nelle discipline riconosciute dal CONI svolte dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi dell’art. 90 della L. n. 289/2002». 

La legge non dice se le SSD possano o meno godere dell’esenzione IMU prevista dall’art. 1, comma 759, lett. g), della L. n. 160/2019. Da un lato, esse, in quanto società di capitali, dovrebbero essere escluse dal godimento di tale agevolazione, in quanto non rientranti nel novero dei soggetti per i quali l’esenzione è prevista. Dall’altro, tuttavia, tali società sono dalla legge equiparate alle associazioni sportive dilettantistiche (art. 90, L. n. 289/2002; art. 6 ss., D.Lgs. n. 36/2021). Ciò ha portato la Corte di Cassazione ad estendere l’esenzione ICI prevista per le ASD dall’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 504/1992, alle SSD costituite in forma di società di capitali, purché le stesse svolgano in concreto attività non commerciale senza scopo di lucro (Cass., 22 settembre 2021, n. 25621; Id., 5 aprile 2019, n. 9614). 

Nelle recenti pronunce, la Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento − che può ritenersi ormai consolidato − secondo il quale il riconoscimento del diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 504/1992, in materia di ICI, e dall’art. 1, comma 759, lett. g), della L. n. 160/2019, in tema di IMU, «è condizionato alla verifica di due requisiti che debbono necessariamente coesistere: uno soggettivo, costituito dal possesso dell’immobile da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali […] ed un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di […] attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricreative, culturali, ricreative e sportive, nonché delle 

attività [religiose e di culto]». L’esenzione in oggetto «si applica agli immobili degli enti non commerciali soltanto se le attività ivi elencate vengono svolte con “modalità non commerciali”». A tal riguardo, occorre tenere conto della decisione della Commissione dell’Unione europea del 19 dicembre 2012, secondo la quale deve ritenersi commerciale «qualunque attività organizzata per la prestazione di servizi a terzi dietro pagamento […] di un corrispettivo funzionale ed adeguato alla copertura dei costi e alla remunerazione dei fattori della produzione (ivi compresi i capitali investiti)»; mentre, è qualificabile come non commerciale «l’attività di prestazione di servizi che vengano offerti gratuitamente, ovvero dietro pagamento di corrispettivi o contributi meramente simbolici o comunque radicalmente inferiori ai costi di produzione». 

Relativamente alle modalità non commerciali con cui devono essere svolte le attività di interesse generale affinché sia possibile godere dell’esenzione IMU sugli immobili posseduti dagli enti non commerciali, la Suprema Corte ha inoltre ritenuto che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nel medesimo ambito territoriale con modalità concorrenziali, di cui al D.M. n. 200/2012, «può essere utilizzato solo per escludere il diritto all’esenzione […] e non implica a contrario che possano [automaticamente] beneficiare dell’esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite». Nessun rilievo è stato attribuito «al fatto che la gestione operi in perdita», in quanto «la circostanza di conseguire o meno un guadagno e di pareggiare effettivamente i costi con i proventi risulta irrilevante […] se l’attività si connota economicamente e cioè per il fatto che i beni ed i servizi siano offerti al pubblico con prezzi non simbolici». 

Delineati brevemente i tratti essenziali dell’esenzione IMU applicabile agli immobili posseduti dagli enti non commerciali, occorre ora esaminare due ipotesi particolari, che nella pratica si verificano di frequente. 

La prima riguarda il caso in cui il bene immobile oggetto di esenzione sia promiscuamente adibito allo svolgimento sia di attività non commerciali di interesse generale (per le quali opera l’esenzione), sia di attività diverse (escluse dall’agevolazione in esame). In tal caso, la legge prevede la possibilità di godere dell’esenzione relativamente alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione degli immobili (o delle porzioni di immobili) adibiti esclusivamente a tale attività. Nel caso in cui non sia possibile individuare le frazioni immobiliari adibite esclusivamente ad attività non commerciali, l’esenzione si applica in misura proporzionale all’utilizzazione non commerciale dell’immobile (quale risulta da apposita dichiarazione). 

La seconda è relativa al caso in cui l’ente non commerciale che intende godere dell’esenzione IMU, pur possedendo l’immobile (quale proprietario o quale titolare di un diritto reale sullo stesso), 

non lo utilizzi direttamente, ma lo conceda in godimento a terzi. La questione è complessa, anche in ragione dei molteplici e differenti casi che possono prospettarsi. Sebbene sia stata riconosciuta l’esenzione anche nel caso in cui l’immobile sia concesso in comodato gratuito ad un altro ente non commerciale, che ivi svolga, con modalità non commerciali, un’attività di interesse generale (Cass., 18 dicembre 2015, n. 25508), secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione l’esenzione in oggetto spetta soltanto se l’immobile è direttamente utilizzato dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali (di recente, Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Id., 21 maggio 2019, n. 13691). 

Matteo Clò, avvocato in Modena 

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