Assenza del fine di lucro
L’art. 90, comma 17, della legge n. 289 del 2002 prevede che “le società e associazioni sportive dilettantistiche devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica” e stabilisce che le stesse possono assumere, fra l’altro, la forma di “società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro”.
Al fine di usufruire del trattamento fiscale agevolativo proprio delle associazioni sportive dilettantistiche, il successivo comma 18 dell’articolo 90 della legge n. 289 del 2002 prevede che, al pari di queste ultime, le società sportive dilettantistiche devono costituirsi con atto scritto recante le clausole statutarie indicate alle lettere da a) ad h) del medesimo comma 18.
Gli anzidetti vincoli statutari sono diretti a garantire, tra l’altro, l’assenza di fini di lucro.
In particolare, con riferimento alla non lucratività degli enti di cui trattasi, il comma 18, lett. d), dell’art. 90 della legge n. 289 del 2002 prevede che nello statuto delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche deve essere espressamente prevista “l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi della attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette”.
Riguardo alla nozione di distribuzione indiretta dei proventi dell’attività sociale fra i soci, con circolare n. 124/E del 22 maggio 1998 è stato chiarito, al paragrafo 5.3, con riferimento all’applicabilità del regime fiscale previsto dall’art. 148, comma 3, del TUIR alle tipologie di enti associativi ivi previste (comprese le associazioni sportive dilettantistiche), che in mancanza di espressa indicazione legislativa soccorrono, in proposito, “i criteri stabiliti all’art. 10, comma 6” del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.
Ma procediamo per ordine.
Cosa si intende per riparto indiretto di utili?
Il citato art. 10, comma 6, del citato D. Lgs. n. 460 del 1997 dispone (tratto solo parte del comma), che quando “determinati soggetti”, esclusivamente in ragione della loro qualità, influenzano le scelte gestionali, dell’ASD o SSD che con questi hanno:
- acquisti di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
- cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato.
Chi sono questi “determinati soggetti”?
L’art. 10 sopra richiamato cita rispetto alle ASD o SSD i soci, gli associati o partecipanti, i fondatori, i componenti gli organi amministrativi e di controllo, coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, i soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione. Ma anche i loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate.
Il punto di vista dell’Agenzia delle Entrate
Il 25 Gennaio 2007 l’Agenzia delle Entrate risponde ad un’Istanza di Interpello mossa dal Centro Sportivo ALFA, società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata, che fa presente di avere ad oggetto la gestione di un centro polivalente la cui amministrazione è affidata, in via disgiuntiva, ai tre soci fondatori, i quali “oltre all’attività di gestione in senso stretto (…) partecipano in maniera diretta allo svolgimento dell’attività sportiva, nella qualità di Istruttori (…)”.
L’ente interpellante riferisce, tra le varie questioni, che la struttura del centro sportivo, di proprietà degli stessi, è stata concessa in comodato d’uso alla società.
Premesso che è sorta “la necessità di compensare” i soci fondatori per le attività rese, “anche trasformando l’uso del centro sportivo (…) da comodato d’uso in locazione”, l’interpellante chiede di sapere tra i vari quesiti se il canone, eventualmente percepito dal socio amministratore della società sportiva dilettantistica per la concessione in locazione dell’impianto sportivo in favore della medesima società, costituisca “una forma indiretta di distribuzione dei proventi dell’attività sociale”.
Tra le varie risposte l’Agenzia delle Entrate ritiene che per quanto concerne la configurabilità del canone di locazione percepito dai soci fondatori della società sportiva dilettantistica come forma indiretta di divisione dei proventi dell’attività sociale, si realizzi laddove il canone praticato sia superiore a quello di mercato.
Perchè tale tema torna attuale oggi?
Se avete letto il nostro articolo in merito alla riduzione dei canoni di locazione tra privati e centri sportivi prevista dal “Decreto Rilancio” nell’art. 216, avete anche notato la seguente riflessione:
riteniamo che in futuro, in un’eventuale sede di controllo, possa essere ritenuta sospetta quella ASD o SSD che di fronte alla possibilità di una riduzione del canone di locazione (previsto dalla normativa), non abbia provveduto ad inviare la richiesta e, in questo caso, l’Organo accertante potrebbe contestare la violazione del riparto indiretto di utili.
Link articolo > https://www.asisportfisco.it/riduzione-del-canone-di-locazione-tutto-quello-che-ti-serve-sapere/
Cosa prevede l’art. 216 del “Decreto Rilancio”?
Il legislatore ha ritenuto di valutare la sospensione dell’attività sportiva, disposta con i decreti del Consiglio dei Ministri, un fattore di sopravvenuto squilibrio dell’assetto di interessi, pattuito con il contratto di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi di proprietà di soggetti privati.
Per norma il conduttore ha diritto di richiedere al proprietario dell’immobile, per i mesi che vanno da marzo 2020 a luglio 2020, una riduzione del canone mensile, maturato in forza del contratto di locazione, pari al 50 % del canone mensile.
Allora perché una ASD o SSD non dovrebbe chiedere la riduzione del canone anche se l’immobile è di proprietà di uno dei su detti soggetti citati dall’art 10?
La risposta è abbastanza intuitiva, se nell’ente sportivo la riduzione del canone porta ad un abbattimento dei costi, per il proprietario dell’immobile vi è una riduzione dei ricavi.
Inoltre se consideriamo che tutti i soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione, nonché enti non commerciali (rimangono escluse solo le persone fisiche private) possono, in forza dell’articolo 28 del decreto “Sviluppo Italia”, accedere al bonus, credito di imposta, pari al 60% dei Canoni ordinari (locazioni) pagati, da utilizzare in compensazione, a prescindere dalla categoria catastale dell’immobile oggetto del contratto per i mesi di marzo, aprile, maggio 2020 a condizione che i soggetti beneficiari abbiano con ricavi dei mesi di marzo, aprile, maggio 2020 inferiore almeno del 50%, rispetto a quelli corrispondenti del 2019, aumenta la convenienza a non richiedere la riduzione del canone quando gli interessi commerciali tra locatore e conduttore possono non essere così in contrapposizione.
Per completezza evidenziamo che in alternativa all’utilizzo diretto del credito, i beneficiari possono optare per la cessione, anche parziale, del credito di imposta ad altri soggetti (quindi anche i locatori), compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari ed andare a rispondere ad una esigenza di liquidità dell’ente che ad esempio pagando il mese di marzo (es 100,00) si vede generare un credito di imposta del 60% (es 60.00), che cedendolo al proprietario in scomputo del mese successivo, resta debitore solo nel saldo pagando il 40% (es 40,00) e così via per i due mesi successivi.
Quale è la chiave di lettura che fa ipotizzare che la richiesta di riduzione sia obbligatoria nel caso ipotizzato?
Per fare un esempio, se abbiamo compreso che il canone percepito dal socio amministratore della società sportiva dilettantistica, per la concessione in locazione dell’impianto sportivo in favore della medesima società può costituire “una forma indiretta di distribuzione dei proventi dell’attività sociale” laddove sia superiore a quello di mercato, non faremo fatica a comprendere che di fronte ad una norma che prevede il diritto di richiedere al proprietario dell’immobile, per i mesi che vanno da marzo 2020 a luglio 2020, una riduzione del canone mensile, maturato in forza del contratto di locazione, pari al 50% del canone mensile, tale importo, ridotto, diventa, per i mesi in oggetto, il nuovo canone di mercato e pertanto l’incasso di somme maggiori possono in sede di accertamento essere considerate, secondo l’art. 10 D. Lgs. n. 460 del 1997, “riparto indiretto di utili”.
Se una ASD o SSD chiede la riduzione del 100% del canone per i mesi in questione sempre ad una immobiliare di proprietà di uno dei “soggetti” citati dall’art 10, incorre in qualche violazione?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare prima a richiamare l’espressione del comma 3 dell’articolo 216 del Decreto Rilancio che cita “salva la prova ad un diverso ammontare a cura della parte interessata”, ossia il conduttore può richiedere una riduzione diversa da quella indicata per legge, a condizione che possa portare elementi oggettivi a supporto di tale richiesta.
Dando per scontato che l’ASD o SSD che si riconosce nel quesito possa documentare elementi oggettivi a supporto della richiesta, ad esempio della richiesta di riduzione del 100%, non potrà mai, in questa ipotesi, ricadere nel “riparto indiretto di utili” al massimo l’immobiliare potrà vedersi contestare un’eventuale elusione, ma non essendo oggetto dell’articolo non ci divulghiamo in tale tesi.
|di Luca Mattonai, Tributarista Esperto in SSD|