Riforma dello sport: il correttivo è legge

Nella seduta del 28 settembre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo correttivo e integrativo del D.Lgs. n.36/21 sugli enti sportivi e sul lavoro sportivo. In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale,  sulla base dei testi officiosi disponibili, possiamo anticipare alcuni punti fondamentali e di estremo interesse per il movimento sportivo dilettantistico: le modifiche apportate, soprattutto nella parte in cui hanno recepito le proposte del tavolo tecnico istituito presso il Dipartimento per lo Sport, sono nel complesso migliorative rispetto ai contenuti originari della riforma. In tema di statuti e attività vengono introdotte  importanti facilitazioni che salvaguardano la specificità del settore, operando nel contempo una piena compatibilità con la riforma del terzo settore; sul lavoro sportivo viene operato un concreto bilanciamento tra le esigenze di tutela del lavoratore sportivo e le esigenze di stabilità del settore attraverso un intervento che sembra apportare maggiori certezze applicative e soprattutto l’introduzione di una disciplina contrattuale, fiscale e contributiva maggiormente sostenibile per i sodalizi dilettantistici.

Le novità per gli enti sportivi dilettantistici

Innanzitutto il decreto “salva” le cooperative sportive dilettantistiche che erano state inspiegabilmente omesse dalla riforma e cancella invece l’estensione alle società di persone. In sostanza viene riconfermato il contesto attualmente vigente che tra le forme giuridiche assunte dagli enti sportivi dilettantistici prevede le associazioni, riconosciute e non riconosciute,  le società di capitali e le cooperative.

Viene  introdotta la categoria degli del enti del terzo settore che esercitano, come attività di interesse generale, l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche (sul presupposto della doppia iscrizione,  al RUTS e al  Registro delle attività sportive dilettantistiche).

La doppia veste, in particolare assunta da numerose ASD -APS  affiliate ad Enti di Promozione Sportiva che, come ASI , sono anche riconosciute come Reti Associative del Terzo Settore e Associazioni di Promozione Sociale,  trova nel correttivo le opportune norme di raccordo con il Codice del  Terzo Settore (D.Lgs. n.117/17) rendendo così le due riforme più compatibili per i soggetti che operano nello sport dilettantistico.

Importantissima  al riguardo la novità introdotta dal correttivo sull’oggetto sociale. disciplinato dall’art.7 del D.Lgs. n.36/21. Mentre per i sodalizi esclusivamente sportivi rimane confermato l’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica, per le ASD/SSD che abbiano assunto anche la qualifica di enti del terzo settore tale requisito non è invece richiesto. In pratica è consentito a tali soggetti, con doppia qualifica e con doppia iscrizione ai rispettivi registri, di svolgere sia attività sportiva dilettantistica che altre attività di interesse generale di cui all’art.5 del D.Lgs. n.117/17 come ad esempio l’organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale indicata alla lett.i), senza doversi occupare della prevalenza di una o dell’altra attività che verranno tutte indistintamente considerate come principali.

Rimane fermo, sia nel contesto del Terzo Settore sia nell’ambito della riforma dello sport, il rapporto tra attività principali e attività diverse, ovvero secondarie e strumentali rispetto a quelle di interesse generale e a quelle sportive dilettantistiche: ricordiamo che per il terzo Settore è già stato adottato il  d.m. 19 maggio 2021 n.107 per l’individuazione dei criteri e dei limiti delle attività secondarie mentre si attende analogo provvedimento attuativo per il settore sportivo dilettantistico.

A proposito di attività secondarie e principali, il decreto correttivo, introducendo una specifica disposizione all’art.9 co.1-bis del D.Lgs.n.36/21, stabilisce che i proventi derivanti da rapporti di sponsorizzazione, promopubblicitari, cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti nonché dalla gestione di impianti e strutture sportive sono esclusi dal computo dei criteri e dei limiti da definire con il decreto di cui al comma 1. In sostanza tali attività –  a prescindere da una loro collocazione come attività istituzionali o commerciali, vengono escluse per legge dalle attività secondarie e strumentali e potranno essere gestite senza i limiti imposti dal decreto attuativo (fermo il rispetto dei criteri e dei parametri determinati dall’inquadramento fiscale e dal regime utilizzato, come ad esempio il plafond di 400.000 di cui alla L.398/91 per le attività commerciali).

Sul fronte delle società di capitali e cooperative, diverse da quelle a mutualità prevalente di cui all’art. 2153 del codice civile,  non solo è confermata la possibilità di destinare una quota fino al 50% di utili e avanzi di gestione ad una parziale distribuzione nei modi e nei limiti previsti dall’art. 8 co.3 ma tale quota viene aumentata fino all’80% per le società che gestiscono piscine, palestre o impianti sportivi in qualità di proprietari, conduttori o concessionari, anche se l’efficacia di tale misura è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

Le novità sul lavoro sportivo

Lo scopo del correttivo – tanto atteso dal mondo sportivo – è quello di definire un quadro normativo in grado di contemperare le esigenze di tutela dei lavoratori dello sport con la stabilità e la sostenibilità del sistema dello sport, alla luce del principio di specificità sancito dall’ordinamento dell’Unione Europea, riconoscendo in modo puntuale le previste agevolazioni e facendo emergere fenomeni di elusione fiscale e previdenziale come indicato nelle premesse del provvedimento. Si tratta di obiettivi già fissati dalla legge delega n.86/19 che nell’attuazione adottata con il D.Lgs. n.36/21 sembrano tuttavia sbilanciati verso la tutela del lavoratore a scapito della sostenibilità del sistema, peraltro con un inevitabile effetto boomerang anche in termini di possibilità occupazionali.

In attuazione di tali principi il correttivo interviene a delimitare in maniera chiara e precisa l’area volontaristica di chi opera nello sport per passione rispetto a quella lavoristica di chi vi opera per mestiere : una netta demarcazione  certamente opportuna  perché idonea a prevenire incertezze e contestazioni che hanno caratterizzato il regime dei compensi sportivi nel contesto vigente. Al riguardo ricordiamo che dopo anni di orientamenti opposti, l’applicazione dell’art.67 co.1 lett,.m) è ora notevolmente ridimensionata dal massiccio intervento della Corte di Cassazione e di fatto circoscritta a prestazioni a carattere volontaristico-amatoriale che esulano dallo schema di un rapporto sinallagmatico. In effetti, come sarebbe possibile distinguere un rapporto di lavoro da un rapporto amatoriale “pagato” con compensi e premi occasionali o rimborsi forfettari e indennità fino a 10.000? Il testo originario del D.Lgs. n.36/21 non faceva che riproporre i dubbi interpretativi del passato e non era in grado di dare le dovute certezze che il movimento sportivo attendeva da oltre quarant’anni.

Sparisce dunque  la figura ibrida dell’amatore che viene sostituita da quella del volontario puro, anche quiin piena sintonia con la riforma del terzo settore. Chi opera nello sport a livello spontaneo e gratuito, al di fuori di uno schema riconducibile al rapporto di lavoro, non potrà ricevere alcun compenso, indennizzo o rimborso forfettario ma solo ed esclusivamente il rimborso delle spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente.

Chi opera invece a titolo oneroso, dietro corrispettivo di qualsiasi importo, natura ed entità, viene riconfermato come lavoratore sportivo che potrà, a seconda dei casi e ricorrendone i presupposti, essere inquadrato come lavoratore subordinato o autonomo anche nella forma coordinata e continuativa.

Dunque in questo quadro e atteso che la strada ormai segnata dal legislatore è quella di disciplinare il lavoro nello sport anche nel settore dilettantistico, il definitivo superamento del regime dei compensi sportivi collocati nel regime dei redditi diversi non appare così drammatico come potrebbe sembrare a prima vista.

Rimane da capire se la disciplina del rapporto di lavoro, sia in termini di inquadramento che di carico fiscale e previdenziale, possa garantire oltre alla tutela e alla dignità del lavoratore anche la sostenibilità del sistema. Vediamo quindi a grandi linee gli aspetti maggiormente rilevanti che il correttivo va ad introdurre sul punto.

La figura del lavoratore sportivo – che potrà essere inquadrato con la disciplina speciale sia in termini contrattuali sia in ordine alle previste agevolazioni fiscali e previdenziali – viene allargata anche ai tesserati che svolgano mansioni necessarie per lo svolgimento dell’attività sportiva in base ai regolamenti degli enti  affilianti e quindi a molti collaboratori, addetti e ausiliari che altrimenti sarebbero stati esclusi dall’elenco dell’art.25 D.Lgs. 36/21 che comprende atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici e direttori di gara.

Sull’inquadramento del rapporto viene introdotta una presunzione di co.co.co. sportiva dilettantistica quando ricorrano i seguenti requisiti:

a) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le diciotto ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive;

b) le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva.

Si tratta di una disposizione di rilievo che sembra consentire la possibilità di individuare tale tipologia di rapporto in base a criteri obiettivi, potenzialmente idonei a prevenire contestazioni e a garantire maggiori certezze e stabilità al sistema, soprattutto in considerazione delle importanti agevolazioni fiscali e contributive ricollegate alle prestazioni di tale natura rispetto al trattamento previsto per il rapporto subordinato che rimane invece regolato, per tutti i settori, professionistico e dilettantistico, dall’art. 35 co.1 D.Lgs. n.36/21 con iscrizione al Fondo Pensione del Lavoratori Sportivi.

Sul piano degli oneri fiscali e contributivi infatti i rapporti di lavoro autonomo e di co.co.co. nell’area dilettantistica prevedono una serie di  agevolazioni che elenchiamo in sintesi:

  • per il compenso fino a 5.000 euro nessun onere fiscale né contributivo;
  • per il compenso fino a 15.000 euro nessun onere fiscale, con tassazione sull’eventuale eccedenza
  • aliquota contributiva pari al  25% con iscrizione alla gestione separata INPS ;
  • contribuzione ridotta del 50% fino al 31 dicembre 2027, con imponibile pensionistico ridotto in misura equivalente.

L’esclusione dalla base imponibile a fini fiscali fino alla soglia di euro 15.000 è prevista comunque in generale per tutti i compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo.

Sul piano degli adempimenti amministrativi vengono previste importanti e significative semplificazioni:

i dati del rapporto di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo vengono comunicati al nuovo Registro della attività sportive dilettantistiche disciplinato dal D.Lgs. n.39/21 e tale comunicazione equivale a tutti gli effetti alla comunicazione al centro per l’impiego;

non sono soggetti a tale obbligo i rapporti con compensi fino a 5.000 euro;

il L.U.L. e l’obbligo di comunicazione mensile all’INPS per le co.co.co. sportive dilettantistiche sono adempiuti in via telematica all’interno di apposita sezione del Registro e non vi è obbligo del prospetto paga (cedolino) nel caso in cui il compenso annuale non superi l’importo di euro 15.000.

Entrata in vigore

La riforma, nel testo integrato e modificato dal decreto correttivo, una volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sarà applicabile a partire dal 1 gennaio 2023, come già previsto e fatti salvi eventuali provvedimenti di rinvio che venissero adottati da qui alla fine dell’anno. Tuttavia il procrastinare ancora gli effetti di una riforma già segnata dal legislatore con la legge delega n.86/19 in un quadro di riferimento fortemente ridimensionato dall’orientamento della Corte di Cassazione nell’applicazione dell’art.67 co.1 lett.m) non sembra né utile né produttivo: certo la congiuntura non è favorevole per gli enti sportivi ,dopo gli effetti della pandemia e a fronte della lievitazione  delle spese di gestione; tuttavia, si consideri che all’inevitabile aumento del costo del lavoro – peraltro nel complesso contenuto, considerate le nuove fasce esenti e quelle agevolate, che costituiscono la stragrande maggioranza della platea dei soggetti inquadrati attualmente del regime dei redditi diversi – si accompagnerà finalmente un quadro di maggiori certezze normative che consentirà ai sodalizi di programmare le attività e ai dirigenti, personalmente responsabili, di dormire sonni più tranquilli, almeno sul fronte dell’inquadramento dei collaboratori sportivi.

Avv. Biancamaria Stivanello

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