Il nuovo return to play

Sono passati già due anni dall’inizio della pandemia Covid-19 e la diffusione del virus è ancora importante. Eppure qualcosa sembra cambiare. La campagna vaccinale, le misure restrittive e anche la variante Omicron, molto più contagiosa ma di fatto meno pericolosa, fanno pensare che in qualche modo ci si avvia verso la fine del tunnel. A testimonianza di ciò intervengono anche il Ministero della salute e la Federazione Medico Sportiva Italiana con l’aggiornamento delle modalità di ripresa dell’attività sportiva post covid. In particolare, l FMSI in qualità di società scientifica riconosciuta dal Ministero della Salute, tenuto conto delle normative vigenti, delle linee guida e delle raccomandazioni applicabili, e considerata l’evoluzione del quadro epidemiologico e l’ormai ampia letteratura in materia, ha modificato le regole per riprendere l’attività.

Le modifiche partono da alcune constatazione mediche rilevanti ed in particolare modo dal fatto che le complicanze cardiache negli atleti sono piuttosto rare, che i casi clinici severi, negli agonisti, sono scarsamente riscontrabili e che la stragrande maggioranza di loro, risultata positiva, ha sviluppato un’infezione asintomatica o paucisintomatica. Si aggiunge inoltre il fatto che, rispetto al protocollo prima vigente, anche la campagna vaccinale aiuta in maniera sostanziale la risposta del sistema immunitario al virus, laddove l’aver avuto somministrata la terza dose ripristina l’efficacia dei vaccini nei confronti della variante Omicron a livelli comparabili a quelli riscontrati nei confronti della variante Delta, conferendo una buona protezione nei confronti del virus.

Analizzando nel dettaglio le nuove indicazioni tra le novità principali riscontriamo la suddivisione dei soggetti in gruppi diversi in relazione alla gravità della malattia, all’età, alla presenza di patologie e allo stato vaccinale, con un conseguente protocollo differente per ottenere l’idoneità sportiva.

Vengono individuati tre gruppi sulla base della gravità dei sintomi del covid:

  • A.1 Atleti che abbiano presentato “Infezione asintomatica o paucisintomatica” o “Malattia lieve” e che comunque non siano ricorsi a ricovero ospedaliero e/o terapie antibiotiche, cortisoniche o epariniche a causa di infezione da SARS-CoV-2;
  • A.2 Atleti che abbiano presentato “Malattia moderata” o che comunque siano ricorsi a ricovero ospedaliero e/o terapie antibiotiche, cortisoniche o epariniche a causa di infezione da SARS-CoV-2;
  • A.3 Atleti che abbiano presentato “Malattia severa” o “Malattia critica”.

 In relazione all’età si dividono i soggetti in due gruppi: under 40 e over 40, mentre in relazione alle malattie pregresse viene effettuata un’ulteriore suddivisione che tenie conto di specifici fattori di rischio cardiovascolari tra cui diabete, ipertensione, ipercolesterolemia ecc.

L’analisi dei soggetti tiene conto, ovviamente, della situazione vaccinale individuando due gruppi:

  • Gruppo 1: chi ha ricevuto la dose booster oppure nei 120 giorni precedenti ha completato il ciclo vaccinale primario o è guarito da infezione COVID
  • Gruppo 2: chi non rientra nella casistica del primo gruppo

Sulla base delle suddivisioni individuate ed ai fini del primo rilascio o del rinnovo dell’idoneità sportiva, o nei casi di visita di controllo dopo guarigione da sopraggiunta infezione da Covid in corso di validità del certificato, il medico dovrà effettuare valutazioni e controlli differenti e pertanto, nei casi di:

  • Atleti positivi accertati e con guarigione che hanno avuto un’infezione asintomatica o paucisintomatica, è necessaria una valutazione in relazione all’età (sopra o sotto i 40 anni), sulla base della presenza di patologie di rischio e allo status vaccinale. Per tali soggetti è necessario procedere con  un ECG di base, test da sforzo massimale (cioè si deve superare l’85% della FC massima prevista per l’età ed è ammesso anche lo step test) con monitoraggio elettrocardiografico continuo per i minori di 40 anni o ergometrico incrementale massimale per chi ha superato quest’età. Tali esami vanno effettuati dopo 7 giorni dalla guarigione da Covid per chi ha meno di 40 anni, senza patologie di rischio o con terza dose booster, o entro i 120 giorni dalla guarigione o del ciclo vaccinale completato oppure dopo 14 giorni se over 40, o con patologie individuate o per chi non rientra nel quadro vaccinale o di guarigione suddetto.
  • Atleti positivi accertati e con guarigione ma che abbiano presentato infezione moderata, severa o critica, o siano ricorsi a ricovero o a terapie con cortisonici o antibiotici. Per tutti loro, è necessario integrare gli esami sopra citati non prima di 30 giorni dalla guarigione. Per chi ha avuto malattia moderata servirà test ergometrico incrementale massimale con monitoraggio elettrocardiografico e valutazione della saturazione a riposo, durante e dopo il test; ecocardiogramma color doppler; ECG holter 24 ore, inclusivo di seduta di allenamento o sforzo; esame spirometrico ed esami ematochimici. Per coloro colpiti da infezione severa o critica, oltre agli esami approfonditi appena menzionati, sarà necessario integrare la visita con il Cardiopulmonary Exercise Test.
  • Per tutti coloro che hanno riscontrato malattia moderata o grave, in ogni caso, potrebbe essere facoltà del medico valutatore richiedere un’ulteriore visita dello specialista di branca competente in base al coinvolgimento dell’organo interessato.

Una volta ultimato l’iter di esami, il medico rilascerà, in caso di rinnovo periodico o di prima visita, il certificato di idoneità alla pratica agonistica; in caso di infezione da Covid, l’attestazione del return to play con cui poter ricominciare progressivamente a fare sport e, in ogni caso, sotto attento controllo medico.

E’ da segnalare come i nuovi protocolli, pur nel massimo rispetto della tutela sanitaria degli atleti, prevedono una rimodulazione degli accertamenti necessari per il ritorno in sicurezza all’attività sportiva degli atleti, con una notevole diminuzione del carico di esami da sostenere. Le implicazioni in questo caso sono evidenti in termine di riduzione dei costi, sia con riguardo al sistema sanitario nazionale sia con riguardo agli utenti che dovranno sottoporsi agli accertamenti di rito per il ritorno al gioco. 

|di Mario Rapisarda, Consulente del Lavoro|

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