Riparte la stagione sportiva: quali novità per i collaboratori sportivi?

La stagione sportiva 2020/2021 parte tra mille dubbi, incertezze e preoccupazioni.  La ripresa è ancora incerta e non è facile programmare a lungo termine: gli effetti del prolungato lockdown hanno intaccato le risorse dei sodalizi e l’attività si svolge in forma ridotta a causa delle misure anticovid  prorogate per ora fino al 7 ottobre ma che inevitabilmente  ci accompagneranno anche per i mesi a venire (e sempre che – come confidano tutti –  la situazione epidemiologica non evolva in peggio).

In più – oltre all’emergenza pandemica che associazioni e società sportive hanno imparato a fronteggiare con tanta buona volontà e dedizione, assumendo nuovi rischi e nuovi oneri – si ripresentano puntuali come ad ogni autunno i dubbi sull’inquadramento dei collaboratori sportivi. Dubbi sui quali quest’anno pesano due aspetti da non sottovalutare:

  • l’erogazione del bonus di 600 euro ai collaboratori privi di altri redditi che sono stati definiti come lavoratori;
  • la riforma in itinere sul lavoro sportivo che dovrebbe vedere la luce entro la fine di novembre.
Compensi sportivi: ambito di applicazione

La questione è ormai ben nota e ne abbiamo parlato in maniera approfondita anche lo scorso anno, provando a fare un decalogo che invitiamo a rileggere con attenzione  https://www.asisportfisco.it/compensi-sportivi-dilettantistici-proviamo-a-fare-un-decalogo/:  il regime dei compensi previsto dall’art.67 co.1 lett.m) TUIR non definisce e non disciplina un rapporto di lavoro ma regola il trattamento fiscale e previdenziale dei compensi sportivi dilettantistici collocandoli tra i redditi diversi. Le somme corrisposte a tale titolo non vengono assoggettate agli oneri previdenziali, indipendentemente dal loro ammontare, mentre a soli fini fiscali sono imponibili per la parte eccedente la soglia annua di euro 10.000 (riferita al singolo percipiente) come previsto dall’art. 69 co.2 TUIR.

Si tratta di indennità, premi, rimborsi forfetari di spesa e compensi corrisposti da Coni, Federazioni, Enti di Promozione Sportiva e ASD/SSD regolarmente iscritte al Registro Coni nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica – e dunque inerenti le sole discipline riconosciute – a favore dei c.d. sportivi puri (atleti, allenatori, tecnici, istruttori, arbitri, ausiliari e addetti le cui mansioni siano necessarie allo svolgimento dell’attività sportiva).

La medesima agevolazione spetta anche per le collaborazioni coordinate e continuative di carattere amministrativo gestionale   – in sostanza per le attività di segreteria, reception e contabilità –  di natura non professionale. Si ricorda che l’inquadramento di tale forma di collaborazione richiede come previsto dall’interpello ministeriale n.22/2010 la preventiva comunicazione al centro per l’impiego, la cui violazione comporta l’applicazione di specifiche sanzioni amministrative.

Per lavoro o per passione?

Ma – e qui si pone la questione irrisolta sulla natura del rapporto che è sotteso all’erogazione del compenso –  si tratta di lavoro o di passione?

In altre parole: è possibile utilizzare l’agevolazione quando la prestazione resa dal collaboratore non si inquadra in una finalità associativa/ludica/volontaristica ma sia riconducibile invece ad una causa lavorativa di scambio tra prestazione e corrispettivo?

L’incipit dell’art.67 TUIR stabilisce che i redditi diversi non devono essere conseguiti nell’esercizio di arti e professioni né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: di qui, secondo una interpretazione rigorosa, i compensi sarebbero consentiti soltanto in presenza di una prestazione ludica/associativa o di tipo occasionale. Per contro, non sarebbero applicabili nei casi in cui le caratteristiche della prestazione indichino la presenza di un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo caratterizzato dagli indici di professionalità di cui alla circolare Enpals n.13/2006  quali l’abitualità della prestazione anche non esclusiva o prevalente, la  non marginalità dei compensi o  la pluricommittenza (e nel caso di subordinazione l’elemento dell’etero direzione da parte del committente) : in tal senso si vedano, in giurisprudenza, C.App. Roma  n.2924/18 e C.App. Campobasso, n.285/19 ma anche la recente Cass.civ.,sez.lav,ord.12.06.2020, n.11375, riferita a istruttori di tennis per i quali era stata accertata l’abitualità dello svolgimento dell’attività, anche a fronte di compensi marginali. La Suprema Corte ha affermato che la condizione affinché i redditi diversi possano essere considerati tali, espressamente prevista dal primo inciso dell’art.67, è che essi non siano conseguiti nell’esercizio di arti e professioni , intendendosi per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 del TUIR “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa.

Di segno opposto invece un importante filone della giurisprudenza di merito che ha elaborato un’interpretazione più evolutiva della disposizione  (si richiamano in particolare C.App. Firenze, 683/14; C.App. Milano, sez. lav.,n.1206/17; C.App. Bologna, sez.lav., n.250/2016; C.App. Venezia, sez.lav., 152/2019).

Secondo questo orientamento l’art.67 co.1 lett.m) avrebbe introdotto una presunzione di dilettantismo e, in definitiva, un’area lavorativa speciale che gode di un regime differenziato e di un trattamento privilegiato sotto il profilo fiscale e soprattutto previdenziale, considerata la peculiarità del settore e l’importante funzione sociale dello sport dilettantistico.

Nella prassi rimane a tutt’oggi un punto di riferimento fondamentale la circolare n.1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, con la finalità di individuare e circoscrivere il campo di applicazione della norma agevolativa – di pari passo con l’istituzione dell’elenco delle discipline ammissibili al Registro Coni avviata dal Coni con la delibera n.1566/2016 e successive modifiche e integrazioni – riconosce la specialità del settore sportivo dilettantistico  e detta le condizioni per l’applicazione del beneficio:

  • l’art.67 si applica soltanto in relazione alle discipline comprese nell’elenco e quindi iscrivibili al Registro CONI;
  • l’art. 67 si applica solo per mansioni e qualifiche che siano individuate come necessarie per lo svolgimento delle attività sportive dilettantistiche dalle federazioni.

La circolare inoltre precisa – con lo scopo di arginare il contenzioso sul punto – che il possesso di qualifiche attraverso corsi di formazione tenuti dalla Federazioni dai soggetti che svolgono le mansioni necessarie per garantire l’avviamento e la promozione dello sport (qualifica di istruttore, allenatore ecc.) non rappresenta in alcun modo un requisito, da solo sufficiente, per ricondurre tali compensi tra i redditi di lavoro autonomo non essendo tale qualifica requisito di professionalità, ma unicamente requisito richiesto dalla federazione di appartenenza per garantire un corretto insegnamento della pratica sportiva.

A che punto siamo?

Siamo ancora ad un punto fermo.

Nel contributo dello scorso anno si auspicava che quella fosse l’ultima stagione sportiva accompagnata dalle consuete incertezze sull’inquadramento dei collaboratori sportivi, confidando nell’attuazione della riforma sul lavoro sportivo. Nel frattempo la pandemia ha impattato anche sulla specifica questione,  da un lato facendo emergere la situazione dei collaboratori sportivi privi di tutele previdenziali e di ammortizzatori sociali, dall’altro ritardando i tempi di attuazione della riforma.

Le indennità riconosciute ai “lavoratori” sportivi

Non è passata inosservata la qualifica di lavoratori utilizzata dal legislatore dell’emergenza pandemica da Covid-19 per coloro i quali abbiano percepito i compensi di cui all’art.67 co.1 lett.m) TUIR in assenza di altri redditi da lavoro.

Il bonus di 600 euro riconosciuto ai liberi professionisti titolari di partita iva e ai  co.co.co. iscritti all’INPS  – cioè a lavoratori (autonomi) a tutti gli effetti – viene esteso con il primo provvedimento per il mese di marzo (art.96 D.L.18/20) anche ai rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche iscritte al Registro Coni alla data del 23.03.2020. In seguito con il decreto attuativo (DM 4/4/2020) i beneficiari della misura vengono espressamente definiti lavoratori titolari di un rapporto di collaborazione ai sensi dell’art. 67 co.1  lett.m) TUIR. Tutti i successivi provvedimenti di replica dell’indennità per i mesi di aprile, maggio (art.98 DL 34/20) e da ultimo anche giugno (con il decreto Agosto n.104/2020) confermano la natura lavoristica delle collaborazioni rese a titolo oneroso in via esclusiva, in assenza di altro reddito da lavoro.

Significa dunque che questi soggetti sono da considerarsi lavoratori a tutti gli effetti?

La finalità della norma emergenziale è stata quella di prevedere una forma di sostegno del reddito conseguente al lockdown delle attività sportive dilettantistiche e appare quindi dubbio attribuirle un significato sistematico di interpretazione autentica dell’art.67, nel senso di riconoscere gli sportivi dilettanti come lavoratori con regime speciale e differenziato ovvero lavoratori privi di tutele previdenziali ; per di più in un momento storico in cui, se pure non ancora attuata, la delega di riforma del lavoro sportivo (L.8 agosto 2019, n. 86 ) impone di inquadrare come lavoratori tali soggetti, a prescindere dalla qualifica professionistica o dilettantistica nell’ambito dell’ordinamento sportivo – e di definire la relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale e fiscale.

Al contrario, la qualifica utilizzata dal legislatore dell’emergenza può pesare sulle scelte concrete quando si tratta di inquadrare un collaboratore privo di altri redditi : oggi più che in passato, in queste ipotesi gli ostacoli possono essere molti e si dovranno considerare consapevolmente non solo il tenore dell’incipit dell’art.67 nella sua interpretazione più rigorosa ma anche una ulteriore e precisa volontà del legislatore che è quella di collocare i collaboratori sportivi nell’area lavorativa. Come dire che le norme dell’emergenza covid sono andate ad anticipare i principi della riforma ancora in itinere. Indubbiamente hanno avuto un effetto censimento immediato, nel senso di fotografare la realtà degli operatori sportivi che “campano di sport” e possono quindi essere considerati sportivi per professione (e non solo per passione).

La riforma del lavoro sportivo

La delega sulla riforma del lavoro sportivo (L.8 agosto 2019 n.86) che –  fondata su una nozione di professionismo sostanziale, a prescindere dalla qualifica professionistica o dilettantistica dell’attività –  impone di inquadrare gli sportivi come lavoratori assicurandogli le tutele previdenziali e assistenziali seppure con riguardo alla peculiarità del settore e garantendo la stabilità e la sostenibilità del sistema sport,  avrebbe dovuto attuarsi entro il 31 agosto 2020.

Giusto in tempo per avviare la nuova stagione o comunque per conoscere tempi e modi dell’entrata in vigore di una nuova disciplina auspicabilmente completa e organica sia per il tipo di contratto sia sotto il profilo del trattamento fiscale e previdenziale applicabile.

I termini inizialmente previsti per l’adozione di uno o più decreti delegati da parte del Governo, in attuazione dei principi affermati dalla legge delega –  sono tuttavia stati prorogati al 30 novembre per effetto delle proroghe introdotte in via generalizzata dalla legislazione dell’emergenza. Nonostante le dichiarazioni pubbliche del Ministro Spadafora circa la volontà di rispettare i tempi originari e di varare quanto prima la riforma, l’iter sembra in una fase di stallo dopo la circolazione in via officiosa di alcune bozze, allo stato non ancora avallate dalla maggioranza di governo (salvo diverso esito da un incontro che dovrebbe tenersi proprio oggi 10 settembre).

Si attendono e si auspicano dunque notizie e aggiornamenti imminenti in vista della scadenza prorogata. Per ora basti evidenziare che – secondo il testo contenuto nelle bozze di testo unico  – il campo di applicazione dell’art.67 co.1 lett.m) ne risulterà parecchio ridimensionato, andandosi ad applicare alle prestazioni a carattere amatoriale rese da volontari che mettano a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti ma esclusivamente amatoriali.

La gratuità tuttavia – a differenza di quanto previsto per il volontariato nel terzo settore – non esclude la possibilità di riconoscere premi e compensi occasionali in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive nonché indennità di trasferta e rimborsi spese, anche forfettari ai quali si applica il regime dei redditi diversi di cui all’art.67.

Sono invece considerati lavoratori sportivi –secondo la definizione elaborata nella bozza – gli atleti, allenatori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici e direttori di gara senza distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso, al di fuori dell’ambito delle prestazioni amatoriali come sopra individuate.

Si dovrà comunque attendere l’elaborazione definitiva del testo unico e la sua approvazione entro il 30 novembre per capire nel concreto come andranno inquadrati i collaboratori non amatoriali e, soprattutto, per capire quali costi  comporterà la nuova qualifica di lavoratore dello sport a carico della gestione del sodalizio sportivo, alla luce delle disposizioni che verranno adottate in merito al trattamento fiscale e previdenziale.

Il dato non è sicuramente confortante e aggrava ulteriormente questo avvio di stagione già difficile a causa della situazione di crisi epidemiologica non ancora scongiurata.

Saranno in grado le società sportive di far fronte al costo del lavoro se non venisse assicurato un trattamento differenziato giustificato dalla specificità del settore ?

La delega impone di riconoscere tutele ai lavoratori dello sport – e per certe figure che svolgono in maniera stabile ed esclusiva tale attività, si tratta di un passaggio sicuramente doveroso anche nel rispetto dei principi affermati dall’art.38 della Costituzione; tuttavia una generalizzata estensione dell’inquadramento lavoristico con gli oneri previdenziali ordinari che ne derivano, non consentirebbe la sopravvivenza di molte realtà sportive e in definitiva la promozione dello sport, soprattutto di base.

E’ auspicabile quindi che il testo unico recepisca anche questa parte della delega, partendo da una visione a tutto campo, che comprenda oltre alla tutela dei lavoratori anche l’esigenza di sostenibilità del sistema sport. Vedremo se e quali soluzioni verranno adottate in via definitiva, anche se le soluzioni per  ora contenute nelle bozze non promettono nulla di buono.

Nel frattempo il consiglio è di adottare soluzioni prudenti e rispettose dell’interpretazione più rigorosa della norma attualmente in vigore, da leggere alla luce della nuova direzione intrapresa dal legislatore.

|di Biancamaria Stivanello, avvocato in Padova|

 

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